Addio Gigi
ROMA – Hanno pianto tutti ieri mattina nel teatro elisabettiano. È fatto di legno, nascosto nel verde di Villa Borghese a Roma: l’ultima recita tra gli applausi di Gigi Proietti non poteva avere scena migliore. Sul palco all’aperto la bara e le rose rosse, poi le parole degli attori, dei suoi allievi ed ex allievi, in lacrime. I fogli letti provando a impostare la voce, proprio come lui aveva insegnato loro, ma ieri no, non era possibile, il giorno dei saluti così non lo aveva immaginato nessuno. Piangono e sono tanti e sono lacrime vere, di quelle che provano gli amici che hanno perso un amico, che è stato mentore, maestro, che ha insegnato l’arte. La Laurito, Brignano, Quartullo, la Cortellesi, Leo, la Marziali, la prima Giulietta e Walter Veltroni («Roma e l’Italia ti salutano dal tuo teatro che vuol dire vita»), hanno un verso, una lettera, una battuta, un ricordo. Sagitta, la moglie e le due figlie Carlotta e Susanna composte nel dolore e nel vedere quanto amore ha sparso e ora raccoglie. Gli applausi più di tutto, l’attore calca il palcoscenico anche per quello, per quel suono dolce e cadenzato che ti consegna – ora è davvero – nell’immortalità. «Ci ha fatto pensare e ridere. Ciao Maestro», perché Proietti era anche questo, ha educato alla cultura del teatro, al sapere fine e alla battuta strappa risate, era tutto in un concentrato e non è facile che accada. Con lui era successo ed è per questo che tutti piangono, perché non ci si potrà più confrontare. Quando è arrivato nel suo teatro ad aspettarlo lungo la strada e i viali c’era tanta gente, le maestranze, i suoi lavoratori, quelli con cui si intratteneva spesso a fine spettacolo. Distanziati e con la mascherina lo hanno accolto con un applauso silenzioso anche se silenzioso non può essere perché ha raccontato il vuoto che si prova a perdere una persona amata
Il teatro dell’ultimo saluto, la sua creatura, è il Silvano Toti Globe Theatre, una Casa da Shakespeare, che presto porterà il suo nome come ha detto la sindaca di Roma Virginia Raggi che era collegata (perché positiva e a casa) e che ha detto: «Roma inizierà a restituire l’amore che ha avuto». Proietti è stato, è e sarà sempre figlio amato della città. Lo si è visto in quel lungo giro fatto ieri mattina scortato da Polizia e Carabinieri – lui che era stato così umanamente vero nei panni del maresciallo Rocca per anni in Tv – dal Campidoglio a Piazza Venezia, da via del Corso a Via Veneto, da Villa Borghese a via Sistina fino a Piazza del Popolo nella Chiesa degli artisti dove si è svolta la funzione privata e personale della famiglia con un numero – definito dal Covid – di amici cari. Roma tutta gli ha voluto bene e lui altrettanto, anche nella passione sportiva, nel tifo unico: “me vie’ da piagne, ma che sarà, ciao Gigi esempio di romanità” diceva lo striscione dei tifosi giallorossi srotolato fuori dalla chiesa e anche il dolore sotto gli occhiali di Bruno Conti che ha rappresentato la Roma che ieri sera, lutto al braccio, lo ha ricordato sul maxischermo dell’Olimpico. Perché in fondo non ci si separa mai totalmente.
Fonte: Corriere dello Sport